IL SOGNO DI UNA COSA

"Avevo sbagliato tempo. Le onde arrivano in serie di sette.
La settima onda è grossa abbastanza da riuscire a portarci fuori vincendo la forza delle altre..."

sabato 3 febbraio 2007

Pensieri a ridosso di un sabato pomeriggio qualunque

E così, anche il sabato (pomeriggio) è andato così...
Passato davanti al "fido" computer, cambiando e revisionando il progetto che mi porto sulle spalle oramai da due anni o quasi per motivi che non stiamo qui a ricordare...
Maledetto progetto, infinito. Trattasi di edificio con forti connotati bioclimatici, al cui interno si snodano e compenetrano spazi dedicati all'abitazione, al lavoro, al gioco ed allo svago...
dico subito che è un progetto alquanto insolito, pensato in particolar modo per i giovani lavoratori precari del settore terziario. Giovani che spesso non hanno nemmeno il tempo (oltre che la possibilità) di "metter su casa e famiglia". O non ci pensano proprio. Questo progetto non pretende di essere la soluzione al problema ovviamente. Però ci prova, diciamo che ne propone una. Ci prova, anche se incontra continui ostacoli nella sua evoluzione. Tipo il mio professore; uno mette tutta la sua pazienza per tentare, e dico tentare, di spiegargli che il progetto trova la sua ragione di esistere nel mondo del lavoro contemporaneo, ma quando uno non vuole capire c'è ben poco da fare.
Lavoro contemporaneo dicevo, lavoro che negli USA assorbe l'84% degli occupati, in Italia il 61%. Precario appunto, flessibile, che va oltre le rigide gabbie legali dei contratti collettivi, dello statuto dei lavoratori, delle canoniche 8 ore, supersfruttato e sottopagato, ma soprattutto basato su quelli che sono gli attuali motori della produzione: i cosiddetti saperi, conoscenze, linguaggi, comunicazione, general intellect... insomma, le più elementari facoltà del genere umano. Per capirci, su tutto questo si fonda la maggior parte della ricchezza prodotta a livello mondiale.
Detto questo, è facile capire che oramai il settore secondario (non parliamo nemmeno di quello primario) soprattutto nella sua componente artigianale è cosa d'altri tempi, o meglio, non è più la molla fondamentale della produzione della ricchezza.
E cosa fa il professore?? Cosa mi dice per venirmi incontro?
"Ma perchè invece di spazi per il lavoro "leggero", immateriale o giù di li, non metti dei piccoli laboratori artigianali, botteghe insomma... sai, potresti consultare tutti quei numerosi progetti degli anni 70 che appunto affrontavano il rapporto tra casa e lavoro"
Come se l'economia non si fosse evoluta, non fosse maturata rispetto a quegli anni! Come si fa a pretendere di realizzare un progetto contemporaneo su delle strutture economiche oramai inferiori se paragonate a quelle attuali?
......
Ogni altra parola è superflua.
Naturalmente il progetto continuerà. Naturalmente come dico io.
P.S.: scusate le sfogo.

1 commento:

tom ha detto...

Caro Gabriele,

il fatto che l'università sia uno dei baluardi della conservazione ed il rincoglionimento di massa è un fatto assodato. Apprezzo la tua testardaggine su un progetto, se ho capito bene, che superi la tipologia dell'abitazione unifamiliare, per l'integrazione dell' attività umana in generale. Un compito velleitario se considerassimo questa società come eterna. Al contrario siamo in una fase di forte transizione, dove elementi di una futura società emergono sempre di più. L'esperienza delle co-housing è una di queste. E' certo che tipologie legate alla cellula familiare non reggono più, non per motivi ideologici, ma per fattori materiali che come hai detto tu si possono riconoscere nel cambiamento strutturale del capitalismo che è costretto suo malgrado a rivoluzionare continuamente i rapporti di produzione. L'aumento della forza produttiva sociale, cioè la diminuzione del lavoro umano necessario (marxianamente inteso) porta una massa considerevole di persone ad una situazione di precarietà, se non all'espulsione definitiva dal mercato della forza lavoro. Se questo è un dramma in una società schifosa come questa, nella prossima sarà semplicemente tempo di vita liberato dalla neecessità della "fatica"( come si dice a napoli, stupenda etimologia). Non sto qui ad approfondire l'argomento, è stato già affrontato dalla rivista n+1 che hai linkato. Quello che vorrei ricordare è l'esperienza del costruttivismo russo, dove degli architetti sull'onda di una rivoluzione sociale furono sperimentarono nuove tipologie per la dimora dell'uomo. Figli del loro tempo, comunque, già nella loro definizione avevano una tendenza costruttivistica che adesso sarebbe impensabile. Per la nuova comunità umana si tratterà più di distruggere che di costruire, di ripristinare cioè un equilibrio tra suolo traspirante e suolo edificato. Ti consiglio di leggere questo articolo: "la dimora dell'uomo" pubblicato sul numero 9 di "n+1".
Per il resto ti auguro di non abbandonare la ricerca, tenendo presente che chi si fa anticipatore del futuro è considerato un alieno, soprattutto da professori di sinistra allevati nell'ambiente luogocomunista degli anni 70. Non starli a sentire e vai avanti.

"Il nostro motto dev'essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l'analisi della coscienza non chiara a sé stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa..." Karl Marx