IL SOGNO DI UNA COSA

"Avevo sbagliato tempo. Le onde arrivano in serie di sette.
La settima onda è grossa abbastanza da riuscire a portarci fuori vincendo la forza delle altre..."

sabato 10 febbraio 2007

Contro tutti i nazionalismi

10 febbraio.Giornata del Ricordo delle vittime delle foibe, uccise nell'immediato dopoguerra nella penisola istriana dalla polizia titina.

Sorvolo sulle speculazioni elettoral-politiche che i partiti della destra nostrana fanno in concomitanza di tale ricorrenza; sono pelose e moralistiche, come del resto lo sono quelle dei partiti della sinistra che cavalcarono e cavalcano tutt'oggi lo sterminio sistematico degli ebrei (il grande alibi) per puro tornaconto elettorale senza capire nulla della questione.

Quelle terre di mezzo tra la penisola italica e i balcani sono sempre state vissute da gente di diversa nazionalità, in prevalenza italiani e slavi. Chiunque sia nato tra Trieste e Gorizia sa che prima del fascismo quel confine non esisteva, né sulla carta, né soprattutto nelle menti e nella vita quotidiana di chi lì viveva. Italiani, sloveni, croati si mescolavano, facevano gli stessi lavori, abitavano le stesse case, venivano sepolti negli stessi cimiteri. E i lavoratori tutti leggevano lo stesso giornale bilingue e combattevano per la stessa causa. Poi venne il ventennio e l'italianizzazione forzata di quelle terre, la guerra e le persecuzioni, i campi di detenzione per i civili jugoslavi, le stragi, i paesi bruciati. Quando la guerra finì, quei territori vennero assegnati alla Yugolslavia vincitrice che non tardò ad emulare le azioni dell'Italia fascista servendosi delle foibe. Il nazionalismo dei comunisti (sic!) titini si manifestò accompagnato da un forte sentimento di rivincita. Come sempre, come in passato, a farne le spese fu in larga parte gente che non c'entrava niente, presa tra l'incudine e il martello dei due opposti nazionalismi.

"Deve stare ad infinita vergogna dei traditori del comunismo, se per istigazione di odio nazionale e per il gioco della infame e venale politica degli Stati borghesi, dei governi di quelli di secondo rango - che parlano di nazione solo per mettere la nazione all'incanto - è avvenuta divisione ed è perfino scorso sangue fraterno tra lavoratori triestini. E' in queste frange di incontro dei popoli, in queste zone bilingui, che l'internazionalismo proletario deve fare le sue prove rifiutando le bandiere di tutte le patrie per quella unica e rossa della rivoluzione sociale."
Il proletariato e Trieste
Da Battaglia comunista, n. 8 del 19 aprile 1950
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